[jasp] Criteri progettuali per le piastre

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  1. MARIO F
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    CITAZIONE (Silvestro Giordano @ 16/7/2012, 13:31) 
    CITAZIONE (Massimo.T @ 16/7/2012, 12:26) 
    Investighiamo sulle solette / platee. La norma non dice nulla e quindi ci si affida all'EC2: in particolare "appendici F, I dell'EC2-1 e la LL dell'EC2-2". In particolare, visto l'impiego del solo EC2 e non dell'EC8, le combinazioni sismiche sono implicitamente quelle con q=1. Chiedo conferma su questo.

    A mio avviso si. Ma alcuni progettisti non sono d’accordo.

    Vorrei esprimere il mio parere in merito sperando che possa essere un'utile spunto per ulteriori approfondimenti.

    Come giustamente ha scritto Massimo. T le NTC non dicono nulla riguardo al progetto delle piastre in generale e più in particolare in zona sismica.
    L'EC2, con i suoi annessi, ci dà utili modelli di calcolo approfondento l'argomento del calcolo delle piastre, siano esse di fondazione o di piano, nei confronti delle sollecitazioni flessionali e taglianti.

    Il C.S.LL.PP. si è spresso a riguardo dicendo che gli edifici con impalcati a piastra devo essere considerati a tutti gli effetti edifici a telaio e quindi il fattore di struttura da utilizzarsi dovrebbe a rigor di logioca essere coerente con tali tipologie.
    Tutti sappiamo che edifici a piastre sostenute da pilastri non sono certamente cosigliabili in zona sismica a causa della loro elevata deformabilità che può dar luogo in ultimo a fenomeni di instabilità globale quando sollecitati da elevati spostamenti.
    Per questo motivo, nella pratica professionale, me ne guardo bene dall'usare fattori di struttura elevati e propri di edifici a telaio dato che mi si genererebbero 2 tipi di problematiche:

    -Elevati spostamenti sia in SLV che in SLD
    -Difficoltà di prevedere la formazione di cerniere plastiche e quindi di ottemperare alla GDR

    Una delle strade percorribili per risolvere il secondo problema è quella di considerare un modello a telaio equivalente verificando la GDR tra le colonne e le travi in spessore individuate dalle larghezze equivalenti.
    Per la determinazione di tali larghezze possiamo fare affidamento all'EC2 anche se non possiamo certo dire che sia una strada in discesa.
    Questo, oltre che per l'onere progettuale nei casi di disposizione non regolare delle colonne (che tra l'altro sono uno dei vantaggli delle piastre), soprattutto perchè l'EC2 propone valori di larghezze equivalenti elevati in funzione delle luci tra le strutture verticali.

    Per questo motivo si ottengono valori di Mrd delle travi che spesso (in edifici comuni) mettono in crisi il la verifica della GDR obbligando a sovradimensionare oltremodo i pilastri.
    Una delle norme che ci potrebbero aiutare in tal senso sono le ACI che propongono larghezze più contenute e quindi più facilmente gestibili in fase di verificha della GDR.

    Ho detto potrebbero perchè personalmente anche questa strada non mi sembra molto in linea con il meccanismo di trasferimento degli sforzi ed in ultimo di rottura delle piastre.
    Faccio fatica ad immaginare la formazione di una serie di cerniere plastiche nelle zone adiacenti ai pilastri quando sappiamo che le piastre collassano secondo linee.
    Temo che il tipo di plasticizzazione che ci augureremmo in zona pilastro si traformerebbe in rottura a punzonamento fragile e per definizione non dissipativa.
    Quanto detto a mio parere è ancor più intuibile se pensiamo agli spessori ridotto con cui siamo soliti progettare questo tipo di impalcati.

    Premesso ciò prima di passare a pogettare tutta la struttura con spettro elastico (q=1) credo che si possano tentare altre strade efficaci cono cui possiamo ottimizzare meglio spessori e quantitativi di armatura degli impalcati.
    Ovviamente questo non vale per le platee per cui le sollecitazioni elastiche sono obbligatorie proprio per le caratteristiche volutamente non dissipative che vogliamo che abbiano le nostre fondazioni.

    Le strade che personalmente percorro sono le seguenti:

    1)Inserimento di sole pareti e analisi con relativo fattore di struttura (non supero comunque mai q=2.4)
    2)Inserimento pareti e limitati pilastri. Controllo % rigidezza secondari (pilastri) e analisi con spettro di progetto e relativo fattore di struttura (non supero comunque mai q=2.4)
    3)Inserimento di pareti e telai perimetrali (strutture miste equivalenti) e se necessario un limitato numero di colonne (meglio se interne). Controllo % rigidezza secondari (pilastri) e analisi con spettro di progetto e relativo fattore di struttura (non supero comunque mai q=2.4)

    Il caso 1) va da sè che è la via più semplice ma non sempre possibile da un punto di vista architettonico.
    Il caso 2) se riesco a verificare che la rigidezza dei secondari non supera il 15% ricade nel caso 1) con la sola accortezza di verificare la capacità portante delle strutture secondarie assicurandomi che rimangano in campo elastico e quindi moltiplicando le sollecitazioni sismiche per il fattore di struttura utilizzato.
    Il caso 3) ricade nel caso 2) con in più la verifica di gerarchia dei telai. In questo caso le travi è conveniente che siano con rigidezza abbondantemente superiore a quella della piastra nella fascia di bordo (se sono telai perimetrali) per essere ragionevolmente sicuro che la cerniera si formi sulla trave e non fuori.

    Se tutto quadra in termini di spostamenti, instabilità globale, gerarchie e quant'altro procedo alla verifica delle piastre con le sollecitazioni il SLV e quindi derivanti dallo spettro ridotto del fattore di struttura utilizzato con particolare attenzione alle tensioni di punzonamento sulle colonne (se ci sono) e sulle teste delle pareti (anche se qui si potrebbe ragionare a lungo sulle possibili plasticizzazioni in questi spigoli a mio avviso meno pericolose di quelle sui pilastri proprio perchè la piastra è assicurata dall'appoggio continuo retrostante).

    E' chiaro che se nei punti 2) e 3) non possiamo dimostrare che l'85% della rigidezza è garantita dai telai e dalle pareti allora risulta evidente che l'analisi con spettro elastico risulta praticamente l'unica strada.
    In zona a bassa sismicità potrebbe anche essere percorribile ma appena l'accelerazione sismica diventa di media intensità credo che questo tipo di analisi non sia percorribile a meno di non ricorrere a solette alleggerite di spessore più elevato per le quali resterebbe comunque il problema delle zone dissipative.

    Le armature a punzonamento, siano esse chiodi o tralicci ad omega, se messe in opera nella maniera corretta possono certamente dare un contributo confinante aumentando quindi la duttilità locale nell'intorno del pilastro. Per questo motivo credo che sia importante inserire tali armature nche se non strettamente neceesarie ai fini del punzonamento soprattutto in corrispondenza di eventuali pilastri d'angolo o di bordo.

    Per concludere... il mio parere è che le strutture a piastra non possano essere considerate dissipative e che quindi la dissipazione deve essere affidata a strutture adeguate. Va da se che siano queste altre strutture ad identificare il fattore di struttura da utilizzare.
    La piastra in questi casi non è altro che un diaframma rigido che traferisce le azioni (molto meglio di altri tipi di impalcati) alle strutture principali a cui è affidato l'untero, o quasi (15%/85%), assorbimento degli spostamenti durante l'evento sismico.
    La piastra a questo punto la si calcola con le sollecitazioni derivanti da quanto questi primari saranno in gradi di dissipare nei vari cicli di isteresi ma non di più...

    D'altro canto se progettassimo una struttura a pareti, travi in spessore e solaio in laterocmento non credo ci verrebbe mai in mente di calcolare le travi in campo elastico e allora perchè farlo con le piastre?

    A presto

    Edited by Silvestro Giordano - 20/7/2012, 10:17
     
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